Moltissimi
sono gli animali che forniscono all’uomo le proteine della loro carne a
scopo alimentare. Tali proteine creano indubbiamente nell’uomo
aggressività, violenza, odio e insensibilità morale: si può pertanto
affermare che la carne influisce negativamente sul comportamento umano.
Al contrario, il vegetariano crea le basi per un atteggiamento
caratterizzato da tolleranza, mitezza, socievolezza e condivisione.
Oggi, le affermazioni e le intuizioni di grandi uomini contrarie al
ricorso alle proteine della carne possono avvalersi anche della chimica
dei neurotrasmettitori e della neurobiologia, discipline scientifiche
che spiegano come, e per effetto di quali alimenti, si creano
determinati comportamenti nell’uomo. Conseguentemente, noi possiamo oggi
operare con accresciuta sicurezza delle scelte consapevoli tra i vari
cibi, preferendo alcuni ed evitando altri. Occorre, fra l’altro,
respingere l’affermazione che la violenza è insita nella natura umana:
nessuno nasce aggressivo e cattivo, ma può diventarlo con
l’alimentazione carnea.
Conseguenze delle proteine della carne sul comportamento umano :
Le
proteine animali indicate commercialmente come “carne” sono quelle del
tessuto muscolare di vertebrati terricoli i cui cadaveri l’uomo utilizza
a scopo alimentare. In particolare si tratta di bovini: (bue, bufalo,
bisonte); cervo, capriolo, daino, renna; cammello, alce, dromedario;
capra, pecora; asino, cavallo; lepre, coniglio; riccio di terra,
ippopotamo, canguro, suini (maiale, cinghiale, ecc.). L’uomo utilizza, a
scopo alimentare, anche la “carne” di vertebrati non terricoli: quelle
dei pesci (il pesce, non dimentichiamo, è “carne di pesce”) e di altri
animali acquatici (balena, rana), nonché le carni di uccelli (pollame,
anatra, tacchino, struzzo, cacciagione varia). Ma l’uomo che mangia
carne infierisce, uccidendoli e poi mangiandoli, su molti animali
invertebrati, come: molluschi (polpo, seppia, calamaro, patella,
chiocciola, ostrica, mitilo, dattero di mare, cardio, manicaio, cappa
lunga, folode, sigaro di mare, vongola). Crostacei (gambero di fiume,
gambero di mare, aragosta, scampo, gammano, granchio di mare, cancro,
squilla, mala, grancevola). Echinodermi (riccio di mare,
trepang-oloturia). Tale prelievo di proteine dal mondo animale
costituisce una autentica carneficina, che non solo non è necessaria,
non solo è eticamente riprovevole, ma che é anche apportatrice di stati
patologici fisici, dovuti alla conseguente tossiemia (sino al cancro) e
psichici (a causa dell’aggressività che induce nel comportamento). Di
solito si intende per “carne” il tessuto muscolare (sempre contenente
dei grassi “saturi”, cioè della peggiore qualità). Ma mangia carne anche
chi mangia il fegato o le cosiddette “animelle” (pancreas, timo e
ghiandole salivari) o il rene (rognone) o il cervello, organi non
costituiti da tessuto muscolare; così pure mangia carne chi mangia la
cosiddetta “trippa” (che è una parte del complesso stomaco dei
ruminanti), oppure gli “insaccati”, come la coppa, il cotechino, la
mortadella, il prosciutto, il salame, i1 würstel, lo zampone, ecc. Così
ancora, mangia carne chi consuma la lingua o i muscoli della coda di
bovini, oppure salciccia o bresaola o pancetta, ecc. E mangia carne
anche chi mangia il caviale, la bottarga o (come in Cina) la carne di
cane, o la cosiddetta “corata” o la “pagliata”.
Insomma, uno spaventoso massacro, un autentico grande olocausto.
Questo
immane prelievo, a scopo alimentare, di proteine dal mondo animale
influisce profondamente sul comportamento umano. In linea generale, in
condizioni di vita naturale, gli animali carnivori sono feroci e
aggressivi, mentre quelli non carnivori sono pacifici e socievoli.
Un’altra facile constatazione: la graduale riduzione dell’aggressività
dell’uomo a misura che esso passa da una dieta comprendente molta carne a
una dieta che esclude i cibi iperproteici e in particolare la carne. È
noto anche che i cani, sebbene in natura siano carnivori, se si vuole
che montino con efficacia la guardia e aggrediscano persone a loro
sconosciute, debbono essere alimentati con razioni di carne superiori al
normale. Analogamente, se si vuole, in tempo di guerra, impiegare degli
uomini in azioni belliche molto rischiose, occorre dar loro abbondanti
razioni di carne, utilizzata come una droga atta a sviluppare
aggressività, violenza e insensibilità morale; nell’Iliade di Omero si
narra di festini a base di carne, ai quali prendevano parte i guerrieri,
tra una battaglia e l’altra.
Seneca faceva notare che tra i mangiatori di gran quantità di carne si annoverano i tiranni, gli organizzatori di eccidi, di faide e di guerre fratricide, i mandanti di assassinii, gli schiavisti, mentre coloro che si nutrono dei frutti della terra hanno un comportamento mite.
Liebig racconta che nel giardino zoologico di Giesen l’orso, se era costretto a mangiare carne al posto di vegetali, diveniva oltremodo irrequieto e pericoloso.
Seneca faceva notare che tra i mangiatori di gran quantità di carne si annoverano i tiranni, gli organizzatori di eccidi, di faide e di guerre fratricide, i mandanti di assassinii, gli schiavisti, mentre coloro che si nutrono dei frutti della terra hanno un comportamento mite.
Liebig racconta che nel giardino zoologico di Giesen l’orso, se era costretto a mangiare carne al posto di vegetali, diveniva oltremodo irrequieto e pericoloso.
Si
può quindi affermare che l’igiene fisica è anche igiene mentale, come
sosteneva J. Dalemont, descrivendo la storia dell’alimentazione umana
nel suo lavoro “Manuale d’igiene mentale”.
È
nota l’espressione “la carne mi dà la carica”, usata da chi vuole
giustificarne l’uso alimentare, dato che questa società, basata sulla
competitività, sulla libera e sfrenata concorrenza e sull’arrivismo,
esige dall’individuo una grinta aggressiva che permetta di farsi strada
(è nota la frase “struggle for life”).
E
non è un caso che questi due grandi pensatori siano stati vegetariani.
Il Beccari, fra l’altro, è lo scopritore del glutine e della isovalenza
tra le proteine vegetali e quelle animali. L’uomo non è un semplice tubo
digerente da riempire con cibi vari. L’uomo è un essere pensante, il
cui cervello è un organo che, come tutti gli altri organi del corpo,
deve essere nutrito con il materiale che occorre al suo metabolismo e
che gli porta la corrente sanguigna. E poiché noi oggi mangiamo in gran
parte cibi prodotti dalle industrie alimentari, vendute solo a scopo di
profitto e non tenendo in alcun conto le nostre autentiche necessità
alimentari naturali, si può affermare che, come la medicina ufficiale é
condizionata e finanziata dall’industria farmaceutica, così la
cosiddetta “scienza dell’alimentazione” è completamente nelle mani
dell’industria chimica del cibo.
Tale
industria, in notevole parte, cerca di smerciare autentici
“cibi-spazzatura”, soprattutto quelli a base di proteine della carne,
servendosi anche del potente ausilio dei mass-media. Succede, quindi,
che un’accettazione acritica di tali attività degli industriali
alimentari, si traduce inevitabilmente, sul piano pratico, in
comportamenti violenti nei riguardi dei nostri simili e degli altri
esseri viventi, a causa dell’aggressività indotta dal cibo cadaverico.
Già il grande Giovenale (Satira X,512) circa venti secoli fa aveva
sentenziato, con una massima eterna, la stretta dipendenza della sanità
della mente da quella del corpo: “Mens sana in corpore sano”.
La
mente, quindi, non può essere sana se non è sano il corpo, il che, in
termini pratici, significa che occorre dare alla salute del corpo la
priorità essendo essa “conditio sine qua non” per la salute mentale.
Molto più tardi, nel XVII secolo, un’altra voce autorevole, quella del
filosofo inglese John Locke, nella sua opera “Pensieri sull’educazione”
(1693) sottolineava la validità dell’assioma di Giovenale, cioè la
dipendenza della sanità della mente da quella del corpo.
Da
quanto precede deriva la grande importanza del vegetarismo (nella
accezione, beninteso, derivante da una giusta valutazione dell’origine
etimologica del termine) il quale, disintossicando il corpo, purifica
anche il sangue che nutre il cervello; il pensiero, di conseguenza, si
fa più lucido e penetrante, ne consegue una vera e propria “dilatazione
della mente”, aumenta la capacità di autocontrollo e la resistenza al
lavoro intellettuale e a quello fisico e si instaura un atteggiamento
caratterizzato da tolleranza, mitezza, disponibilità al dialogo sereno,
alla ricerca di soluzioni pacifiche delle vertenze, all’amore, alla
socievolezza, alla condivisione.
L’attività
elettrica del cervello, rivelata elettroencefalograficamente (EEG), ha
evidenziato che l’alimentazione vegetariana induce il cosiddetto “ritmo
alfa”, che é espressione di uno stato di rilassamento neuromuscolare non
solo del cervello, ma di tutto l’organismo. Leadbeater sostiene che
tale indagine scientifica comprova la benefica azione del vegetarismo
sul comportamento, in quanto vi apporta una sensazione di benessere
“analogo allo stato di meditazione sulle realtà più profonde”.
Ecco
perché gli uomini più intelligenti, più colti, più aperti, più
tolleranti del mondo, di tutti i tempi, si annoverano tra i vegetariani,
in tutti i campi dello scibile: nelle scienze, nella filosofia,
nell’arte, nella letteratura, nella medicina, ecc.
È
ovvio, quindi, che se il sangue che nutre il cervello vi porta i
cataboliti della carne, la fisiologia cerebrale ne resterà influenzata e
il comportamento, invece, sarà caratterizzato - ripetiamo - da
intolleranza, tendenza alla litigiosità e all’aggressività: al posto
dell’amore, l’odio; al posto della convivialità e della unione, la
separazione, l’annullamento della socialità, la violenza. L’uomo é,
così, cacciato nella asocialità e in un feroce individualismo. È quel
che vuole il potere: “Divide et impera!” Ecco perché il potere
(che sa manovrare l’arma alimentare per influire, con essa, sul
comportamento umano e orientarlo verso ciò che fa più comodo ai
detentori del potere) fa di tutto per indurci a mangiare cibi morti,
avvelenati e quindi intossicanti, soprattutto la carne. Il bersaglio è
infatti, in ultima analisi, il cervello, che si vuol rendere incapace di
capire. In conclusione, mentre il vegetarianesimo favorisce le più
eccelse facoltà cognitive, i carnami deprimono tali attività cognitive,
esaltando, invece, comportamenti dannosi all’individuo e alla società, e
aumenta, di conseguenza, la quantità di serotonina che può ottenersi.
Invece, un pasto ricco di proteine della carne riduce la presenza di
triptofano nel cervello e, conseguentemente, determina uno stato di
aggressività, di ansia, di propensione alla lotta. La scelta degli
alimenti influenza, quindi, il comportamento e le emozioni.
Quanto
ci dice il dott. Rossi ha trovato conferma sperimentale da parte di
John Fernstrom e Richard Hurthman, biologi del Dipartimento della
Nutrizione e delle Scienze Alimentari del Massachusetts Institute of
Tecnology.
La
serotonina si è pertanto meritata l’appellativo di “sonnotonina”, a
causa della sua particolare capacità di produrre sonno. Da parte di
alcuni “nutrizionisti” contrari al vegetarismo (per vari motivi, leciti o
inconfessabili) si cerca di sostenere che l’aggressività non è
determinata dalle proteine della carne, ma sarebbe insita nella natura
umana; affermazione assurda, giacché nessuno nasce aggressivo e cattivo,
ma può diventarlo con l’alimentazione carnea. Il noto antropologo prof.
Luigi Lombardi Satriani ci dice al riguardo: “È un alibi rinviare
l’aggressività alla natura; un alibi che la nostra società cerca di
fornire a sé stessa per scaricarsi di molte responsabilità”. In realtà,
nessun uomo nasce “cattivo”. Se così fosse, l’aggressività sarebbe
universale, cosa che l’antropologia smentisce. Sono esistite, ed
esistono ancora, società che hanno sviluppato culture assolutamente non
violente. Per esempio, certe tribù dell’Africa o gruppi di Indios del
Brasile nord-occidentale o gli Indios Piaroa in Venezuela, hanno
costruito una società molto pacifica, volta alla cooperazione, non c’é
traccia di aggressività nell’educazione dei loro bambini e i giochi
infantili rispecchiano l’equilibrio del sistema: sono fatti di danze,
canti, amore. L’odio è sconosciuto ed è risaputo che queste popolazioni
sono vegetariane. Quale migliore prova che l’alimentazione forgia il
carattere?
Non
va dimenticato che i potenti ci tenevano a manifestare la loro pretesa
“superiorità” praticando ed esibendo un carnivorismo deciso poiché,
secondo loro, la carne, simbolo alimentare della violenza, doveva
rappresentare l’irrinunciabile distintivo dei forti. Ma per mangiare
carne occorre che in precedenza ci sia stato un atto violento culminato
nell’uccisione di un animale; quindi il consumo di carne, essendo basato
su un assassinio, non può che essere associato alla violenza e alla
forza bruta. Al contrario, il vegetarismo richiama la stabilità, la
tranquillità, la serenità del mondo vegetale che, nella sua possente
nobiltà, trae dalla madre terra vita e forza per farne dono all’umanità.
Il prof. Carlo Sirtori, noto clinico e scienziato, ha messo giustamente
in luce che il ricorso alle proteine della carne da parte dell’uomo
crea aggressività perché nella carne il calcio e il fosforo sono
presenti nel rapporto di 1 parte di calcio contro 50 di fosforo.
Mangiando carne, si introduce quindi un eccesso di fosforo, innaturale
per l’uomo, nel cui latte il rapporto calcio/fosforo é di 2 ad 1.
“Questo fatto- commenta Sirtori- comporta una caduta del tasso di
calcio, con conseguente instaurazione, nel comportamento umano, di
irritabilità e aggressività, che nei bambini può provocare delle crisi
convulsive”.
Nel
1992 ai marines americani che si preparavano a entrare in azione
durante la famosa “Guerra del Golfo” furono fatti pervenire, in aggiunta
alle “normali” e già abbondanti razioni di carne, 50.000 tacchini.
Motivo: “Sono soldati e devono mangiare molta carne”. In altri termini:
“Devono aggredire e la carne serve per renderli aggressivi”. Termino
questo mio intervento citando la nota frase del fisiologo Jacopo
Moleschott, che conferma l’aggressività indotta dalla carne:
“L’irlandese, finché si nutrirà di patate, sarà sottomesso dall’inglese
che mangia beef-steak e roast-beef”.
[Del prof Armando D'Elia
Naturalista, chimico, studioso di dietetica vegetariana (Comitato Scientifico AVI) ]
Naturalista, chimico, studioso di dietetica vegetariana (Comitato Scientifico AVI) ]